Il problema delle Microplastiche [cosa sono e le possibili soluzioni]

di Giorgia Tizzoni 1 visite

Il “Problema Plastica” negli ultimi anni è diventato sempre più sentito, tangibile e reale. Se ne sono accorte anche le istituzioni, le quali hanno finalmente messo in moto interventi più o meno drastici per limitarne l’uso.

L’Italia, in tal senso, è stata sicuramente una delle più virtuose dato che già nel Gennaio 2011 ha detto addio ai sacchetti in plastica usa e getta in favore di quelli in Mater-bi. Si sprecano inoltre le campagne di sensibilizzazione a favore di una raccolta differenziata consapevole o sull’uso di prodotti packaging free e riutilizzabili.

Se già il problema della plastica e della sua gestione non fosse abbastanza spinoso, per trasparenza, è necessario affrontare anche la piaga ambientale direttamente correlata all’uso improprio che si è fatto negli anni di questo materiale: le Microplastiche.

Cosa sono le Microplastiche?

Parlare di Microplastiche è un po’ come parlare di esseri mitologici: tutti sanno vagamente di cosa si tratti ma, all’atto pratico, nessuno sa spiegarti come si formino e men che meno come distinguerle da altre tipologie di rifiuto similari. Partiamo quindi dalle basi e cerchiamo di capire insieme innanzitutto cosa sono le Microplastiche e quanto impattino effettivamente sull’ambiente.

Si definisce Microplastica qualsiasi particella di materiale plastico le cui dimensioni risultano inferiori ai 5 millimetri.

Questa è di fatto la definizione data dall’Oceanografo dell'università inglese di Plymouth Richard Thompson, contenuta nel suo studio sulle microplastiche del 2004.

Attualmente si stima che in mare siano presenti circa 250.000 tonnellate di Microplastiche pari a 60.000 particelle per chilometro quadrato, che si spostano nell’ambiente grazie alle correnti marine, ai venti e agli animali stessi.

Le Microplastiche infatti vengono ingerite dalla fauna ittica e solo in parte espulse tramite i normali bisogni fisiologici. Ne consegue quindi che le Microplastiche siano entrate a tutti gli effetti a far parte della catena alimentare e, ad oggi, non se ne conoscono ancora le conseguenze a medio-lungo termine.

Per avere una visione globale sulle Microplastiche è anche necessario che tu sappia che ne esistono di due distinte tipologie: Primarie e Secondarie.

Microplastiche Primarie

Le Microplastiche Primarie sono quelle particelle in materiale plastico che nascono di ridotte dimensioni. Fanno parte di questa categoria i Glitter, alcuni mezzi abrasivi contenuti in cosmetici dalla funzione esfoliante e buona parte dei fertilizzanti commercializzati. Le Microplastiche Primarie rappresentano appena l’1% della totalità delle Microplastiche disperse nell’ambiente.

Microplastiche Secondarie

Le Microplastiche Secondarie sono invece quelle particelle che vengono a generarsi per degradazione di oggetti plastici di dimensioni maggiori come pneumatici, vernici, suole da scarpe, vecchi flaconi o vestiti fabbricati in fibre sintetiche. Le Microplastiche Secondarie rappresentano il 99% della totalità delle Microplastiche attualmente circolanti.

Una narrazione parziale

Quando ci si imbatte in articoli inerenti al tema delle Microplastiche su testate giornalistiche, molto spesso il problema viene generalizzato addossando principalmente la colpa della presenza di questi rifiuti invisibili in mare al settore Cosmetico.

Come avrai capito invece le Microplastiche Primarie, tra cui si annoverano anche le Microplastiche derivanti da prodotti cosmetici a risciacquo, sono solo l’1% della totalità ovvero circa 36.000 tonnellate di cui 3.800 (0,1%) effettivamente derivanti da referenze cosmetiche.

Un esempio di questa narrazione parziale che vede le istituzioni scagliarsi verso una minima parte del problema senza affrontarlo nella sua interezza è l’entrata in vigore del Disegno di Legge n.2582 (art.9) dal 1 Gennaio 2020 il quale ha definitivamente vietato la vendita in Italia di Cosmetici a risciacquo contenenti Microplastiche.

Sicuramente un lodevole passo avanti, così come riportato anche dalla stampa, ma che non ha purtroppo tenuto conto dei numeri che hai potuto leggere qualche paragrafo prima.

Le Aziende Cosmetiche inoltre, si erano già autoregolamentate a tali disposizioni dal 2015 avendo il settore, sempre in forte e continua evoluzione, già trovato alternative più performanti e meno impattanti sull’ambiente (complice anche l’ondata “green” che ha investito il mercato a partire dal 2010 e la sempre crescente richiesta di prodotti ecobiologici).

L’Unione Europea, l’ECHA e le Microplastiche

Per ridurre il rilascio di Microplastiche Primarie nell’ambiente l’Unione Europea ha incaricato l’ECHA (European Chemicals Agency) di monitorare la situazione e proporre nuove soluzioni.

Dopo un periodo di osservazione l’ECHA ha proposto un cambiamento della definizione di Microplastica attualmente in vigore, passando quindi dalla definizione di Richard Thompson alla seguente:

Può definirsi Microplastica qualsiasi Particella formata da Polimeri o contente Polimeri, solida o semi-solida, avente una taglia inferiore ai 5 millimetri in almeno una dimensione.

Se effettivamente questa definizione dovesse essere accettata dall’Unione Europea rientrerebbero nella categoria delle microplastiche anche materiali che con la plastica hanno poco a che fare.

Il problema sta nel fatto che se è vero che tutta la plastica è fatta da polimeri, non tutti i polimeri sono plastica (es. la cellulosa).

A pagarne lo scotto maggiore inoltre sarebbero le Aziende Cosmetiche che, nella peggiore delle ipotesi, si ritroverebbero con circa metà dei propri prodotti da riformulare in quanto molti degli ingredienti attualmente in uso rientrerebbero nella nuova definizione di microplastica.

E il settore dei Fertilizzanti?

Sebbene come abbiamo visto il settore dei Fertilizzanti sia un’altra abbondante “fetta” che va a comporre le Microplastiche Primarie (circa 23.000 tonnellate sulle 36.000 totali) purtroppo non rientrerebbero nelle restrizioni dell’ECHA.

Attualmente le restrizioni proposte dall’ECHA sono in fase di valutazione e nel caso dovessero essere validate ne noteremmo gli effetti anche noi in prima persona soprattutto, come abbiamo visto, sul settore cosmetico.

Come sempre ci tengo a sottolineare che sia giusto cercare di limitare un problema reale e urgente come quello delle microplastiche, ma credo che sarebbe bene non limitarsi a farlo in modo così marginale iniziando a concentrarsi anche e soprattutto sulla riduzione delle plastiche secondarie.

Concludendo

E tu che idea ti sei fatto sulle Microplastiche? Eri a conoscenza di questa problematica? Se ti va possiamo parlarne nei commenti. Non dimenticare inoltre di sostenere il mio lavoro lasciandomi un like e condividendo il mio articolo sui social per diffondere consapevolezza.